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HAMLET IN PURPLE @Cagliari

mercoledì 29 Ottobre
20:30

HAMLET IN PURPLE
Da “The Tragedy of Hamlet, Prince of Denmark” di William Shakespeare

 

 

Traduzione, regia, drammaturgia: Valentino Mannias. Musiche originali e sound design: Luca Spanu.
Con: Valentino Mannias e Luca Spanu.
Collaborazione teatro di figura: Is Mascareddas. Cantanti: Emanuela Orrù, Federica Orrù.Light designer: Andrea Gallo.
Foto di scena: Dietrich Steinmetz. Produzione: Valentino Mannias, Bluemotion. / contatti benedetta.bo@gmail.com

«Amleto sei tu, strozzato dai mille soprusi,
incapace di fermare una guerra, inetto ad amare».

Un attore nel suo camerino fa memoria della tragedia shakespeariana. Dopo il “chi è di scena”, però, accade qualcosa di strano: luci, rumori, marionetta e burattini sembrano gradualmente prendere vita come sotto l’influsso di uno spettro. Insieme ad un musicista che suona i cristalli, l’interprete scivola così nelle vesti del principe di Danimarca, che rivive la sua storia riprendendone coscienza con la propria morte:«Absent thee from felicity awhile,/ And in this harsh world draw thy breath in pain/ To tell my story. (Rinuncia per un po’ alla beatitudine/ E in questo mondo odioso tu sospira/ Per recitare ancora la mia storia)».

NOTA MUSICALE

Il suono, talvolta organizzato in musica, funge da attore che interpreta l’invisibile, l’aldilà, la dimensione occulta, e nell’ombra agisce in modo diretto sulla scena e sul pubblico. Mentre il liuto trasporta l’orecchio verso un contesto rinascimentale, il “cristallofono” (“glass harp”, “musical glasses”, o “ghost fiddle”) seduce con un suono ipnotico intriso di mistero, considerato causa di follia nel ‘700.

NOTA DI COLORE

Portare il viola in teatro è come vestire a lutto. Richiama il colore della Quaresima, periodo nel quale, nel Medioevo, gli attori non si potevano esibire. Ancora oggi è una tradizione molto sentita, al pari del rituale “merda merda merda” prima degli spettacoli. Se vestire a lutto in un giorno di festa suscita lo scandalo, come fa Amleto al matrimonio di sua madre con suo zio per ricordare la morte del padre assassinato, vestire di viola in scena ricorda la morte del teatro alle sue nozze infauste con l’intrattenimento di nicchia. Il conflitto scaturito dalla rottura di forma e consuetudini, avvicina così il pubblico superstizioso a una corte cinquecentesca da Il libro del Cortegiano, in un gioco che permette all’interprete di sentirsi di casa ad Elsinore. Ma chiedere allo spettatore di venire vestito di viola riporta il suo corpo al centro della rappresentazione, rivendica la sua presenza, instaura una preziosa relazione con lui da quando si prepara per uscire di casa per andare al funerale del teatro che solo attraverso il suo rito potrà rivivere.

Viola come la droga dei bambini
Come acerbo terrore del sentire
Viola come il volto di chi muore
O i paramenti sacri in penitenza
Viola come un sole in declino
Come un veleno o il fiore del pensiero
In cui Laerte augura a Ofelia di rinascere

NOTA DI FIGURA

Una marionetta e cinque burattini fungono da metafora di alcuni dei temi fondanti del testo: il metateatro, la follia, il rapporto col potere, l’accettazione della morte. Amleto sceglie in questo caso di risvegliare la coscienza del re attraverso il teatro di figura, proprio come gli attori a cui era proibito di esibirsi in carne ed ossa quando la recitazione, imitando la vita, era considerata uno scherno peccaminoso alla creazione divina. Numerosi nel testo sono i richiami all’attualità, non rinunciando mai alla formula «c’è del marcio in Danimarca», per parlare, evitando la censura, del nostro tempo. Il semplice gioco di dialogare con queste figure di legno, che conoscono il loro massimo splendore proprio nel XVII secolo, restituisce inoltre l’illusione di un dialogo reale tra i diversi personaggi, l’ambiguità tra realtà e finzione, la densità di una lucida follia. La marionetta di legno che fa da alter ego all’interprete evoca l’ultimo nodo da sciogliere nel percorso del principe verso l’accettazione della morte, vedendolo celebrare il funerale di sé stesso.

 

VALENTINO MANNIAS

Valentino Mannias è un attore, autore e regista sardo. Dopo gli studi al liceo si trasferisce a Milano dove nel 2013 porta a termine il suo percorso di formazione all’accademia d’arte drammatica Paolo Grassi. Nel 2015 vince il premio Hystrio alla vocazione come miglior attore dopo il quale si concentra anche sulla sua attività di autore e regista. Nel 2018 viene selezionato per partecipare all’École des Maîtres, il prestigioso laboratorio internazionale di approfondimento teatrale. Nello stesso anno vince il premio Franco Enriquez con lo spettacolo l’Avvoltoio e nel 2024 vince il premio Ubu come miglior attore italiano under 35. Ultimamente prosegue il suo percorso artistico anche in campo cinematografico come protagonista della serie “Il Mostro” in uscita su Netflix prossimamente.

 

LUCA SPANU

Luca Spanu è un musicista compositore sardo. Inizia a dedicarsi alla musica all’età di 11 anni attraverso lo studio della chitarra. Dopo aver frequentato vari ensemble, si avvicina al mondo del teatro. Qui scopre che ciò che lo appassiona di più è scrivere musica ed esplorare il suo rapporto con la parola, con l’immagine e con le persone, e trova modo di sperimentare anche nell’ambito del sound design. Inizia così ad occuparsi professionalmente di composizione, arrangiamento e sound design per il teatro di prosa. L’essere poli-strumentista nasce dalla necessità di cercare il suono desiderato, e, soprattutto, dal bisogno di esplorare continuamente diversi modi di pensare la musica. Ha studiato al Conservatorio di Cagliari, dove ha conseguito il Diploma Accademico di primo livello in chitarra. Attualmente vive in Sardegna, insegna chitarra e compone musica per teatro, radio, e cinema.